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Votare no al referendum del 29 marzo è una medaglia al valor civile

Nessuna forza politica ha il coraggio di battersi contro il taglio dei parlamentari, la riforma populista e popolare che chiude la campagna contro la casta e avvicina l’obiettivo dei grillini di smantellare la democrazia rappresentativa

Come ad Achille Lauro a Sanremo della riforma della Costituzione non frega niente a nessuno, visto che non c’è di mezzo Matteo Renzi. Eppure il 29 marzo gli italiani saranno chiamati a votare per il quarto referendum costituzionale della storia repubblicana (2001, 2006 e 2016 i precedenti), certamente il più grottesco e il più pericoloso di sempre perché il tema del quesito non è la modifica dei rapporti tra Stato e Regioni o della seconda parte della Costituzione o del bicameralismo perfetto, tutta roba seria e ragionata, ma il taglio lineare dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori contro il quale in questi tempi impazziti nessuno ha il coraggio di fare l’unica cosa giusta da fare, né l’opposizione né Renzi né tantomeno il Pd, ovvero intestarsi una nobile battaglia in difesa della politica e delle istituzioni repubblicane, pur sapendo andare incontro a una disfatta senza precedenti. Ma è una cosa che va fatta, anche a costo di essere soltanto in dodici, come i professori che nel 1931 si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo. A dire di no, in questo caso, non si rischia niente, cosa che rende ancora più necessario e urgente farlo.

Dietro questa misura demagogica e apparentemente innocua di voler ridurre il personale politico non c’è un’idea di riforma dello Stato né alcunché di elevato, ma soltanto una visione meschina della politica e una volontà punitiva nei confronti della democrazia parlamentare. Casaleggio padre aveva l’obiettivo di sostituire la democrazia rappresentativa con una piattaforma digitale di sua proprietà, l’erede Casaleggio immagina un futuro senza parlamenti e molta blockchain, l’intendenza grillina viola palesemente l’articolo 67 della Costituzione imponendo ai tanti agenti Catarella mandati in Parlamento un vincolo di mandato e di obbedienza al volere della piattaforma, con tanto di contratto e di penali.

Ridurre i parlamentari va in quella direzione, non solo perché il taglio umilia ancora una volta l’attività politica ma perché renderà impossibile lo svolgimento e il corretto funzionamento delle Camere. Tolti il centinaio di membri del governo, dalla prossima legislatura far funzionare Commissioni e Aula sarà un’impresa, ma l’obiettivo è esattamente quello di non farle funzionare, e di abbattere la repubblica parlamentare per sostituirla con quella digitale. Non è uno scherzo.

Il taglio dei parlamentari è il compimento della campagna contro la casta cominciata nella piazza bolognese del vaffa e nella sala Albertini di Via Solferino, l’unico grande successo politico di questa manica di menteccati e dei loro volenterosi complici dell’establishment. Vinceranno, hanno già vinto. Votare no il 29 marzo, però, è una medaglia al valor civile. Not in my name, stronzi.

Articolo di Andreas SOLARO pubblicato su www.linkiesta.it il 19 febbraio 2020

 

 

 

 

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