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Enrico Buemi

 

 

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No al Governaccio

Da anni non dico come la penso sulle scelte immediate, perché non faccio politica attiva. Adesso lo dico, per la straordinaria gravità della situazione e perché mi sembra assolutamente evidente la strada da imboccare. Ha ragione (come quasi sempre) Mauro Del Bue: non dobbiamo appoggiare “il governaccio“. Per una congiuntura rara e fortunata infatti i principi morali coincidono con il nostro interesse. La morale ci suggerisce di dire la verità: siamo fuori della politica, della democrazia e persino dal decoro. Esagero? Il giorno dopo le elezioni politiche, 5 Stelle e Lega, che si erano sbranati sempre (e con particolare violenza nel corso della campagna) si sono alleati. Il giorno dopo una altrettanto lunga e cruda battaglia politica e parlamentare, 5 Stelle e PD si sono alleati. L’uomo per tutte le stagioni, Giuseppe Conte, fa il capo di un governo appoggiato ieri anche dall’estrema destra e oggi anche dall’estrema sinistra. Non è un grande economista e un rettore della Bocconi come Mario Monti. È un avvocato sconosciuto sino a 16 mesi fa. Il quale due mesi fa ha dichiarato che deve rimanere altrettanto sconosciuto il colore del suo voto alle elezioni europee (e a tutte le precedenti). Mai nel nostro Paese e mai in nessun Paese democratico al mondo (anzi, proprio in nessuno) si è visto qualcosa di simile.
Capisco che il Movimento 5 Stelle ha colpe maggiori di chiunque altro, perché non una, ma due volte consecutive, ha scelto il nemico politico del giorno prima come alleato pur di restare al potere. Gli odiatori della “casta” hanno sposato con entusiasmo tutte le possibili “caste” presenti sul mercato, non importa se di destra o di sinistra: “o Franza o Spagna purché se magna”.
Capisco le giustificazioni del PD: ragion di Stato, “addomesticamento” dei “barbari” e loro conseguente svuotamento elettorale, salvezza dei conti pubblici, riavvicinamento all’Europa. Ma le vaghe aspirazioni e le chiacchiere non nascondono che il mostro PD – 5 Stelle è nato dall’interesse di partito. Anzi, dall’interesse personale dei parlamentari. Il nostro interesse (e qui ritorno alla “congiuntura fortunata” prima ricordata) è un altro. E coincide con il dovere morale di dire la verità. Il “governaccio“ apre per la prima volta uno spazio politico enorme a chi vi si oppone da posizioni raziocinanti e democratiche (ovvero non Salviniane). Per la prima volta, con la Bonino, con Calenda e con tanti altri che verranno, possiamo attrarre quella parte della società che è disgustata dallo spettacolo indecoroso della “terza Repubblica“. Che intuisce quanto sia vicino, per mancanza di credibilità e trasparenza, il crollo delle istituzioni. Che capisce il significato delle parole (per una volta, profondo) di Di Maio, condivise chiassosamente da Salvini e dalla Meloni, tollerate con viltà e passività dal PD. Vogliamo ripeterle? Pochi giorni prima della crisi di governo, il leader di 5 Stelle ha dichiarato. “Alle prossime elezioni tutto il movimento 5 Stelle vuole andare a votare con 345 poltrone in meno, 345 parlamentari in meno a cui non vogliamo più regalare né soldi né privilegi. Sono trent’anni che aspettiamo questo momento per mandare a lavorare un po’ di quella gente. Il trambusto intorno al governo è legato a questo. Ma ve li immaginate senza poltrona mentre si cercano un lavoro come tutte le persone normali?”.
Non riconoscete la retorica volgare contro il Parlamento all’origine di tutti i totalitarismi? Non ricordate che il tratto caratteristico dei 5 Stelle è sempre stato, sin dall’inizio, la contestazione del Parlamento stesso? Ci sono ancora dei difensori della democrazia disposti a indignarsi di fronte ai demagoghi “soli al comando” come Salvini, ai servitori della piattaforma Rousseau e dei suoi guru come i 5 Stelle? C’è ancora chi ricorda che la democrazia parlamentare ha coinciso con la prima Repubblica e con i partiti, che l’ascesa dei populisti e di 5 Stelle è stata l’ultima e più catastrofica conseguenza della loro distruzione? Io credo che queste persone di buon senso ci siano ancora e che spesso per disperazione non vadano più a votare. E credo proprio che non si fermino tra il 3 e il 4 per cento. Anzi. Penso che il vento populista si stia esaurendo in Europa e nel mondo. A Londra, è nato il Parlamento. A Londra, Boris Johnson lo vuole chiudere affinché non possa opporsi alla volontà di lasciare l’Europa espressa con un referendum dissennato. Forse da Londra arriverà presto la riscossa della democrazia parlamentare contro l’impazzimento della democrazia cosiddetta “diretta”.
Nel frattempo, non date per scontato che il governo giallo rosso sia in grado di durare a lungo. È vero infatti che i 5 Stelle sono adesso commissariati da un abile avvocato. Ma è anche vero che loro sono la sua base parlamentare. Pronta a tutto, ma capace a nulla.

Articolo di Ugo Intini pubblicato su Avanti! il 29 agosto 2019

 

 

 

 

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