Ora basta ipocrisie: lo scandalo
al CSM non è un problema di mele
marce
Ma
chi sono i diversi? I silenzi di
Bonafede sull’Anm, il tentativo
furbetto di trovare capri
espiatori in politica. Parla
l’ex Guardasigilli Claudio
Martelli su Il Foglio del 18
giugno 2019
“Finalmente è emersa alla luce
del sole l’evidenza
incontestabile di questa grande
stortura che sono le correnti
della magistratura”, dice
Claudio Martelli, che fu
ministro della Giustizia dal
1991 al 1993, gli anni
spaventosi di Mani pulite e
delle stragi di mafia, gli anni
in cui lui – da ministro –
costituì la super procura
antimafia, quella che esiste
ancora oggi. “Fosse stato per il
Csm non si sarebbe mai fatta. Ma
non solo”, dice Martelli. “Fosse
stato per il Csm che lo
processò, Giovanni Falcone
sarebbe morto dimenticato in
qualche landa desolata”. Altro
che prestigio del Consiglio
superiore della magistratura da
difendere o da ripristinare,
dice Martelli. “La mia
esperienza diretta è che il
Consiglio superiore e
l’Associazione nazionale sono
due organi in cui si è espresso
prima il peggiore ideologismo
corporativo e poi la più
sfrenata clientela di potere.
Ricordo
bene il 1991. Il Csm seguì a
ruota l’Anm che per bocca del
suo presidente di allora
paragonò la nuova super procura
affidata a Falcone a ‘una cupola
mafiosa’. Gente che aveva
tranquillamente convissuto con
la mafia per quarant’anni voleva
dare lezioni di coerenza a
Falcone. Perché era bravo.
Perché era indipendente. Perché
era il magistrato più popolare
non soltanto in Italia ma forse
nel mondo. Quindi era
detestato”. E insomma lo
scandalo intorno a Luca Palamara
non rivela niente di nuovo, dice
Martelli. “Ma qualcosa si può
fare. Si può sganciare la
magistratura dalle logiche di
carrierismo lobbistico. Io sono
sempre stato favorevole al
sorteggio per la scelta dei
componenti del Csm”.
L’Anm
ha scoperto all’improvviso che i
colleghi eletti nel Csm trattano
con i partiti. Nelle assemblee –
sabato scorso quella di Unicost
– i leader della magistratura
organizzata sembrano stupirsi
del fatto che gli incarichi nei
ministeri, le posizioni fuori
ruolo e i passaggi in Parlamento
dipendessero da questa per enne
trattativa. E tutti,
all’improvviso, sembrano anche
scoprire l’esistenza di Palamara,
già segretario della stessa Anm,
oggi diventato radioattivo
insieme alla corrente di
Magistratura indipendente. “Mi
ricordano quelli che nel 1992 in
Parlamento scoprirono il
finanziamento illecito ai
partiti”, dice Martelli. “Il
mercimonio c’è sempre stato.
Però è andato aggravandosi. La
logica di spartizione non era
giusta quando era l’effetto di
un compromesso
politico-ideologico, ed è ancora
più squallida oggi che non c’è
neanche più questa
giustificazione. Anche se da un
certo punto di vista la
spartizione ideologica era più
pericolosa. Il pregiudizio
ideologico era infatti
incontenibile e dilagava in
tutte le scelte e in tutti gli
atti della giurisdizione. Era un
meccanismo più pulito dalle
miserie umane, certo, ma più
giacobino. Oggi è un meccanismo
lobbistico. Forse più semplice
da frenare. E’ puro potere.
Carrierismo. Opportunismo”.
Ma
come se ne esce? “Gli antichi,
quando le assemblee diventavano
ingovernabili e davano origine a
camarille, trovavano la via del
sorteggio per sottrarre a
logiche di appartenenza organi
che dovevano invece tutelare
l’interesse collettivo. E poi
bisogna anche occuparsi
dell’Anm”. In che modo? “Il
problema qui non è soltanto Luca
Lotti. Il problema sono i
magistrati. Il comportamento di
Lotti è stato inaccettabile.
Tuttavia non è il cuore della
materia. Il cuore della materia
è il comportamento dei
magistrati associati e del Csm.
Penso che un ministro della
Giustizia che si rispetti
dovrebbe intervenire
innanzitutto sull’Anm: chiedere
chiarimenti. Io Palamara me lo
ricordo quando lanciava fulmini
e saette contro la politica in
favore dell’autonomia della
magistratura. Ma questa
sacralità dell’autonomia
purtroppo si è rivelata troppo
spesso un simulacro. E allora ci
vuole un cambio drastico delle
regole. Bisognerebbe anche
rivedere lo statuto dell’Anm.
Chiedersi se è vero o no che
realizza una lesione
dell’indipendenza del singolo
magistrato. A me sembra di sì. E
non da oggi. E’ abbastanza
evidente che l’Anm, all’interno
della quale si delineano le
elezioni per il Csm, costringe
di fatto i magistrati a
iscriversi a una corrente. Se
vogliono fare carriera e se
vogliono sentirsi tutelati, i
magistrati sanno di doversi
iscrivere. Questo non li rende
liberi. E il meccanismo diventa
una trappola”. Ma al momento,
l’unico effetto provocato dallo
scandalo Palamara è che una
parte della magistratura
organizzata sta radendo al suolo
un’altra parte, prendendone il
posto. Il presidente dell’Anm,
espressione della destra di Mi,
si è dimesso, sostituito da un
collega della sinistra di Md. E
anche nel Csm, per effetto delle
dimissioni, la minoranza diventa
maggioranza e la maggioranza
minoranza. Così nei discorsi
pubblici dei togati la linea è
“eliminiamo le mele marce e
andiamo avanti sulle orme dei
diversi”. Ma chi sono i diversi?
19 giugno 2019
Sandro Pertini
L'idea di socialismo
Loris Fortuna
Pietro Nenni
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