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Enrico Buemi

 

 

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Intervista a Rino Formica

Renzi? Pensa che il mondo cominci da lui

È il ‘vecchio peggiore’ che fa a meno dei suoi avversari. Se vincesse il sì ogni maggioranza si farebbe la propria Costituzione

Si è fatta strada l’idea che la politica non è più la traduzione pratica di una visione ideale di un modo di pensare, ma la personalizzazione di chi offre una soluzione politica secondo cui il mondo cominci da lui.

Tutto ciò che è storia è una manifestazione ininfluente per l’attuale governo?

I movimenti che hanno un’anima autoritaria non la manifestano ab initio, ma incominciano col dire che il passato - se esiste - è inutilizzabile. Questo determina una soluzione di continuità con il futuro. Questo è il nucleo essenziale di ogni visione autoritaria.

A cosa porta?

A pensare che il premier Renzi è il buttafuori di ciò che di ‘ducesco’ verrà. Sebbene io sia convinto che non ha né la forza, né la capacità, né la cultura organica del capo autoritario che sostituisce la storia. Il 95percento del nostro Paese quando sono stati messi in discussione temi come repubblica, democrazia e libertà, si è schierato. E non con le forze autoritarie e avventuristiche.

Il governo Renzi avrebbe il fiato corto, dunque?

L’autoritarismo può essere uno strumento effimero di una visione, oppure un modello di scontro politico. Quello che si osserva da noi è un modello che Aldo Moro avrebbe definito ‘non compiuto’ nel senso che oscilla tra forme di liberismo, ostilità e lotta politica al limite della guerra civile, e forme di integrazioni, compiacenze e complicità che coinvolgono spesso posizioni che dal punto di vista pratico dovrebbero essere fortemente contrastate. È in questa oscillazione tra il raggiungimento della soglia della guerra civile e le posizioni di complicità che si forma una sacca intermedia che è il moderatismo trasformista.

L’Italia è un Paese trasformista?

Da noi non si è mai mediato tra soluzioni innovative e conservatrici, ma si è sempre cercata una formula di adattamento simulato con i piedi nel ‘nuovo ciclo’ e la testa nel ‘vecchio ciclo’.

Renzi come si colloca in base a questa teoria?

Nel ‘vecchio peggiore’ che fa a meno dei suoi avversari.

Cosa pensa della riforma costituzionale?

Al netto degli strafalcioni, dell’approssimazione normativa, delle contraddizioni, insufficienze,  mancanza di chiarezza, unanimemente riconosciute, la modifica della Costituzione non affronta i cambiamenti della società, del mondo del lavoro, non facilita la revisione costituzionale, bensì semplifica la produzione legislativa per renderla più spedita. Perciò Renzi dice il falso. Inoltre, la legge delle leggi, in quanto rigida, può essere modificata attraverso una serie di procedure di garanzia complesse che non sono ad uso e consumo di maggioranze politiche occasionali. Poi c’è la questione del quorum che varia a seconda dei governi maggioritari o proporzionali. Insomma, se vincesse il sì passerebbe l’idea che ogni maggioranza politica si fa la propria legge elettorale e la sua Carta costituzionale.

A scapito della garanzia dei cittadini?

Le leggi elettorali che producono questo effetto sono inserite in un sistema  che non offre la maggioranza parlamentare alla maggioranza reale degli elettori, ma concede alla minoranza degli elettori la possibilità di diventare maggioranza parlamentare.

Come possiamo pensare il futuro?

C’è un fermento di intelligenze nelle università europee, Italia compresa, da valorizzare. Non accadrà nulla nei prossimi due/tre anni perché le forze politiche italiane sono completamente decotte, alcune. Prive di storia, altre. Bisognerà guardare oltre i nostri confini nazionali e mutuare modelli virtuosi di un’Europa unita, o di un’Europa frammentata, che si delineranno dopo le prossime elezioni di Francia e Germania. 

Con Trump al comando degli Usa,  come potrebbe cambiare il mondo?

In modo radicale se Trump mantenesse il proposito di capovolgere le linee guida della politica estera americana conosciute e praticate sin dalla fine della II guerra mondiale. Una linea tendente a fare degli States un modello democratico da esportare in tutto il mondo, contrapposto ad un altro modello, quello sovietico. Ciò che avveniva nel mondo e che incideva nei rapporti di forza tra i due blocchi, a favore dell’uno o dell’altro, era assunto come problema di ‘interesse nazionale’ che coinvolgeva e condizionava la politica estera americana. Con Trump questa linea si interrompe e regredisce al tempo del 1918/19, alla fine della I guerra mondiale, al tempo cioè della ‘indifferenza’ rispetto alla molteplicità e alla interdipendenza delle dinamiche a livello mondiale.

Non è dato sapere se la svolta trumpiana reggerà all’urto delle contraddizioni che sempre più si manifestano nello scenario mondiale, certo è che senza un forte e dinamico rapporto con gli USA sarà più difficile per l’Europa uscire dalle incertezze che potrebbero aumentare ed essere dissolutive dello stesso progetto europeo se alle prossime elezioni di Germania e Francia dovessero prevalere coalizioni antieuropee.

Intervista di Mariella Colonna pubblicata su Affari italiani martedì 15 novembre 2016

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