Penati, quattro anni di calvarioPoco tempo fa un’associazione studentesca ha organizzato un’iniziativa all’università di Rome Tre, invitando Di Pietro per “raccontare mani pulite”. Tralasciando i commenti sull’iniziativa in sé, parto da lì perché quella fase storica contribuì enormemente a diffondere un giustizialismo maligno e bieco in Italia, a non distinguere più tra colpevoli e non, a fare di tutte le erbe un fascio, a erigere i vari Travaglio e Di Pietro a eroi della patria, a rendere il M5S qualcosa di votabile dal 25% degli elettori italiani nel 2013 e contestualmente a demolire il principio per cui non devi essere ricco per poter fare politica (l’abolizione del finanziamento pubblico “perché è la volontà popolare a chiederlo” è un ritornello che risuona ancora sinistro nelle orecchie). Tutte convinzioni che hanno portato a casi come questo. Purtroppo un caso non isolato. Ad ogni fervente giustizialista vorrei semplicemente dire, in queste occasioni più che mai, che ricordarsi che dietro a ogni vicenda ci sono delle persone, dovrebbe essere il primo pensiero di chiunque voglia sinceramente fare giustizia in questo Paese. Perché 4 anni di calvario ingiustificato sono tutto tranne che giustizia. Oggi Penati, ieri moltissimi altri, che la stampa italiana non ama ricordare. Spero che l’Italia stia superando davvero una fase di assoluta incoerenza rispetto al dettato garantista del nostro ordinamento. Spero che quella parola dal richiamo potente che è “giustizia” riassuma presto il valore profondo che le appartiene. Elisa
Gambardella (119/12/2015)
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