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Enrico Buemi

 

 

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Crisi dei partiti

Intini: “Peggiorare per non perire”

A Santomato (Pistoia) si sta svolgendo (dal 19 luglio al 7 agosto) il festival del PD, dove sono stati presenti tutti i leader di quel partito. Giovedì 25, dopo l’intervento di Zingaretti, si è svolto un dibattito (nella foto) tra Piero Fassino, Pierferdinando Casini e Ugo Intini su un tema inconsueto per un festival: il confronto tra la politica attuale e quella della prima Repubblica. Forse è il segno che la catastrofica condizione della democrazia fa finalmente riflettere.
Un aspetto interessante è stato il consenso generale (tra gli intervenuti ma anche tra il pubblico) su una constatazione ormai diffusa: il livello della politica nella prima Repubblica era incomparabilmente superiore. Perché? Anche su questo, tutti hanno concordato: perché erano vivi i grandi partiti eredi delle diverse tradizioni e culture che hanno promosso la Costituzione, la ricostruzione e il decollo economico del Paese.

Intini ha aggiunto due considerazioni. Primo. La crisi dei partiti tradizionali è generale nel mondo, ma in Italia siamo addirittura alla loro scomparsa. Ciò è particolarmente grave perché da noi storicamente sono in parte mancati i collanti della Nazione efficaci altrove: una borghesia con forte senso dello Stato, forze armate prestigiose, un corpo di civil servant rispettato, università meritocratiche e selettive. I partiti sono stati il principale cemento della società italiana e la loro distruzione ne ha fatto perciò precipitare il degrado. Secondo. Sarebbe ingeneroso attribuire semplicemente alla scarsa qualità personale degli uomini politici lo spettacolo devastante di oggi. Anche nella prima Repubblica il livello di molti poteva essere modesto, ma i partiti che stavano alle loro spalle assicuravano comunque carisma, know how ed esperienza.
E adesso? Che fare? Tutti hanno convenuto sul fatto che il Movimento 5 Stelle ha sostanzialmente delegittimato il Parlamento e che la crisi della democrazia sta precipitando.

Intini sostiene che bisogna “peggiorare per non perire”. In una fase transitoria, bisogna prendere atto che non esistono più politica, destra e sinistra, regole e razionalità democratica. 5 Stelle e Lega non sono “populisti“. Chiamiamo le cose con il loro nome: sono antidemocratici. Hanno vinto e stretto un patto di puro potere conciliando spregiudicatamente gli opposti. Hanno imposto schemi semplici: gli onesti contro i disonesti, i nuovi contro i vecchi, la gente contro le elite. Bisogna cacciarli con semplificazioni altrettanto brutali: le persone per bene contro gli avventurieri, i competenti contro gli inetti, le persone raziocinanti contro gli scriteriati. Questo è il livello della politica e a questo dobbiamo adeguarci. Le persone per bene da contrapporre all’onda giallo verde che sta travolgendo la democrazia e l’economia vanno unite fuori dagli schemi tradizionali (validi ovunque ma purtroppo non più in Italia). Vanno cercate all’estrema sinistra, a sinistra, al centro e a destra. Non importa. Ciò che importa, nella emergenza, è unire tutti per evitare il baratro. Poi si vedrà. D’altronde, è vero che i gialloverdi non sono i fascisti. Ma è anche vero che sono la minaccia del momento alla democrazia. E che sempre, di fronte al pericolo, nel secolo scorso (in Italia e in Europa) si è vinto soltanto quando si è trovata l’unità: dai comunisti ai monarchici, passando per i socialisti, i cristiani e i liberali.

Avanti! 29 luglio 2019

 

 

 

 

 

 

 

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