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Enrico Buemi

 

 

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La rivoluzione dei 5 Stelle contro la conoscenza

La crescente egemonia dei grillini è in linea con lo spirito dei tempi: la «vera verità» viene trasmessa dal capo al popolo, senza alcuna intermediazione

Poche vicende descrivono bene quanto la battaglia sui vaccini la crescente egemonia dei Cinque Stelle nel Paese, con il rovesciamento della gerarchia tra credenza e conoscenza. La querelle coinvolge ormai fazioni di militanti e genitori spaesati, e imperversa dal Lazio alla Puglia, dalla Toscana alla Lombardia, toccando nella vita d’ogni giorno una platea fragile come i nostri bambini in uno scenario delicato come le scuole materne: i livelli di sicurezza cominciano a vacillare in molte comunità.

Capaci di debellare malattie terribili in un passato ancora recente, decisivi nel balzo in avanti dell’umanità verso una vita più lunga e sana, i vaccini vengono ora chiamati in causa quali intrugli responsabili di autismo e patologie varie, buoni solo ad arricchire Big Pharma, il diabolico mostro a molte teste dell’industria farmaceutica. Prove? Zero. Scientificamente è come affermare che la terra è piatta, ripetono (spesso inascoltati) virologi di fama. Non solo: il complotto farmaceutico non sta in piedi neppure sul piano logico; la lobby del farmaco guadagnerebbe infatti, assai più che coi vaccini, con le medicine per curare malattie risorte proprio a causa delle mancate vaccinazioni. Insomma, in società dotate d’un normale tasso di razionalità i vaccini dovrebbero essere politicamente neutri: nella nostra, sono un formidabile indicatore di nuovi comportamenti. E mutata egemonia. «Se tu accedi a un bagaglio di informazioni giuste, puoi fare prevenzione da solo», sosteneva Beppe Grillo in un volume di dialoghi con Dario Fo e Gianroberto Casaleggio edito da Chiarelettere.

È verosimile che i genitori «No-Vax» non siano tutti grillini. Ma tutti risentono di un clima nel quale la credenza fa premio sulla conoscenza, perché «uno vale uno» anche in medicina e, appunto, basta studiarsi qualche schermata di Internet per fare «prevenzione da solo». La chiave per capire la natura del Movimento pentastellato e la sua sintonia con lo spirito del tempo sta forse qui, e chiarisce, ad esempio, perché risulti utile ai grillini silenziare non un giornalista o l’altro ma il giornalismo indipendente come funzione (a prescindere da quanto bene o male la funzione venga esercitata dai giornalisti).

Questa egemonia innerva ciò che il sociologo Gerald Bronner chiama la «democrazia dei creduloni» (uno studio nato in Francia ma assai sovrapponibile ai nostri populismi). E si nutre del passaggio diretto — disintermediato — delle credenze dal vertice alla base senza filtri tecnici (lo scienziato, l’economista, il giurista, ma anche il giornalista che a scienza, diritto ed economia si rivolge come fonti per valutare la plausibilità di in una notizia).

Scardinata l’intermediazione, tutto è plausibile: che la cura Di Bella sia utile e l’Aids una bufala, che le mammografie minaccino le donne e le scie chimiche tutti noi, che Pinochet sia venezuelano e il reddito di cittadinanza agevolmente sostenibile in via strutturale. Persino l’idea che lo stadio della Roma venga realizzato «senza favori ai palazzinari» è credenza, perché tagliando metà cubature non si faranno opere pubbliche fondamentali rendendo forse impraticabile il progetto (ma per allora sarà passato abbastanza tempo da scaricare la colpa su oscure burocrazie).

La conoscenza oggettiva, tecnica, diventa dunque un patrimonio esoterico e antidemocratico. Il grottesco rimasticamento della rivoluzione culturale cinese che ha spinto Grillo a vagheggiare giurie popolari contro i giornali e riti di umiliazione dei direttori pare, più che un lapsus, un messaggio: chiunque sa, chiunque detenga il potere della conoscenza vi sta fregando, la scienza è assoldata (Ilaria Capua è dunque una «trafficante di virus», la Levi Montalcini una «vecchia meretrice»). La «vera» verità è una convinzione diffusa che discende dal capo al popolo. Via web. Se davvero uno vale uno, non c’è scienza che possa farlo valere due. Ne consegue l’ingovernabilità di una società complessa (che si basa invece sulla fiducia nelle altrui competenze: se salgo su una macchina mi fido che chi l’ha progettata non la faccia esplodere...). Ma non a caso il grillismo si propone la riduzione di tale complessità a decrescita felice. Rousseau, spirito guida dei grillini, nell’«Emile» teorizza la santa ignoranza. Che oggigiorno comporta un bel vantaggio: l’impermeabilità a scandali e contraddizioni, a Roma come a Genova o a Quarto, perché la base «crede». Se ha ragione Bronner, se «credere è molto più economico che ragionare», i fedeli dell’Elevato stanno risparmiando un sacco di energie per i giorni cupi.

Articolo di Goffredo Buccini pubblicato su Il Corriere della Sera il 28 marzo 2017

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