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Enrico Buemi

 

 

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Dell’Utri non uscirà: spesso i magistrati sono ostaggio dei giustizialisti

 

«Temo abbia ragione sua moglie: i giudici hanno paura di scarcerarlo, se lo facessero su di loro calerebbe la ghigliottina»

«Sul magistrato che dovesse ordinare la scarcerazione di Dell’Utri cadrebbe una ghigliottina mediatica. E in una situazione del genere, dubito che l’ex senatore di Forza Italia abbia una qualche speranza di curarsi fuori dalle strutture peni- tenziarie». Il giorno dopo la decisione di tenere in carcere l’ex parlamentare di Fi candannato per concorso esterno, il senatore Buemi prova a trovare una ragione di quella scelta e concede ai giudici una sorta di “attenuante generica”: «Non c’è dubbio – dice – che su di loro viene scaricata una responsabilità politica». «Io non sono in grado di valutare se Marcello Dell’Utri debba essere scarcerato. So però che neppure i giudici chiamati a decidere sono nelle condizioni di farlo».

In che senso, senatore Buemi?

«Nel senso che l’opinione pubblica esercita una pressione ai limiti dell’insostenibile: sul magistrato che dovesse ordinare la scarcerazione di Dell’Utri cadrebbe in ogni caso una ghigliottina mediatica. E in una situazione del genere, dubito che l’ex senatore di Forza Italia abbia una qualche speranza di curarsi fuori dalle strutture penitenziarie» . Enrico Buemi, socialista e garantista doc, è tra i pochissimi parlamentari che nel corso della legislatura si siano battuti per rivedere la responsabilità civile delle toghe. Ne è stato anzi, di fatto, il coautore insieme con il guardasigilli Andrea Orlando. Le norme entrate in vigore da tre anni sono state criticate per eccesso di tenuità, ma all’epoca della loro approvazione l’Anm insorse. Oggi però Buemi, candidato del centrosinistra nel collegio di Moncalieri in Piemonte, capovolge in attenuante generica il suo riconosciuto rigore nei confronti dei magistrati. «Su di loro viene scaricata una responsabilità politica, per quanto insensato possa sembrare».

Si spieghi meglio.

Prima di tutto abbiamo nel nostro Paese un’opinione pubblica incoerente. Volubile. Sulla giustizia innanzitutto. I cinquestelle ne sono un riflesso esemplare: hanno modificato i criteri di tollerabilità dei carichi giudiziari in base alle vicende dei loro rappresentanti, secondo convenienza. Speso tra i cittadini avviene la stessa cosa: si applica a Dell’Utri, o magari al nigeriano indagato a Macerata, un rigore che non vale per altri politici o, nel secondo caso, per i sospettati di analoghe efferatezze che non siano stranieri.

Ma perché i magistrati dovrebbero farsi condizionare?

Inutile illudersi che un giudice chiamato a decidere su Dell’Utri non subisca un condizionamento psicologico. Non è libero di valutare la situazione clinica dell’ex senatore.

 

Quindi ha ragione la moglie di Dell’Utri quando dice che i magistrati hanno letteralmente paura di scarcerare suo marito.

Il rischio c’è tutto. Lo dico, sia chiaro, senza aver maturato un’opinione compiuta sul diritto dell’ex parlamentare alla sospensione della pena. Sua moglie non ha dubbi, ed è nel pieno diritto di non averne. Ma il dato oggettivo non conta, a questo punto. E non mi sfugge la difficoltà dei magistrati su cui cade la responsabilità di una simile decisione.

Sentenze e ordinanze non restrittive sono diventate un tabù?

Il processo è stato trasfigurato dai media: i tre gradi di giudizio sono schiacciati dal peso che le indagini hanno assunto in tv. È una dinamica che dalle mie parti è stata denunciata con coraggio dal presidente del Tribunale di Torino, Massimo Terzi. E non è facilmente risolvibile: gran parte dell’opinione pubblica è travolta dal martellamento dei media su determinate notizie e restituisce questa ossessione allo stesso circuito informativo.

Ma perché un’ordinanza favorevole a Dell’Utri genererebbe tanto disdegno? In fondo nei confronti dello stesso Berlusconi la furia giustizialista sembra essersi placata, in questa campagna elettorale.

È quell’ipocrisia di cui le ho detto all’inizio. C’è una selettività nei destinatari dell’inquisizione. In effetti basta seguire le trasmissioni alle quali Berlusconi interviene: le domande sulle sue vicende giudiziarie siano praticamente scomparse. In passato erano l’argomento quasi esclusivo. In un quadro simile, Dell’Utri è utilissimo a pacificare la coscienza di ognuno: dei politici, dei magistrati e dei cittadini. Serve a preservare l’apparenza di un assoluto rigore rispetto alle contaminazioni criminali nel nostro Paese.

Praticamente è un totem.

Esatto. Serve a certificare il seguente assunto: guardate che sul piano del rigore non cediamo.

Quindi non ha speranze di ottenere un’ordinanza diversa da quella di due giorni fa.

Temo di no, ci vorrebbe un coraggio enorme per prendere una decisione che vada a sbattere contro il mood generale.

 

E lei dice che nei confronti del nigeriamo indagato a Macerata grava un pregiudizio simile.

Assolutamente sì. Di italiani riconosciuti colpevoli di incredibili efferatezze ce ne sono stati eccome, ma solo nel caso di Oseghale c’è una parte del Paese, della politica, dei media, che dà per scontata la sua colpevolezza.

E davvero c’è un’osmosi tra sentimento diffuso e decisioni della magistratura?

Una cosa è sotto gli occhi di tutti: le decisioni prese dall’autorità giudiziaria nelle vicende di grande risonanza vengono lette dai cittadini in chiave politica. Nel caso di Oseghale, la definitiva esclusione dell’accusa di omicidio sarebbe messa all’indice come una forzatura partigiana. Di leggere gli atti relativi a quell’eventuale decisione, non si degnerebbe nessuno.

Intervista a cura di Errico Novi pubblicata su Il Dubbio l'8 febbraio 2018

 

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"Sui diritti dei cittadini, necessaria chiarezza normativa e obiettivi precisi, la ricerca di compromessi al ribasso non aiuta".
Così ha dichiarato  Enrico Buemi, Capogruppo Psi in commissione Giustizia al senato, a margine della seduta in cui procede l'esame degli emendamenti presentati al Ddl Cirinnà sulle unioni civili. "E' evidente che la parificazione delle unioni civili al matrimonio, non in termini morali ma nei riflessi sulla finanza pubblica che ne deriverebbero, anche per le eventuali strumentalizzazioni per finalità puramente economiche, rappresenta un problema che deve essere valutato - ha commentato Buemi - ma ciò non toglie che l'Italia, senza una legge seria sulle unioni omosessuali, rimane fuori dal contesto dei paesi civili in materia di diritti individuali e di coppia", ha aggiunto il senatore socialista. "Inoltre, rende difficile il confronto l'ostruzionismo diffuso su tutti i punti significativi di una normativa che, comunque, contiene una complessità per le interazioni con altri istituti giuridici fondamentali per i cittadini", ha concluso Buemi. 
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Così ha dichiarato  Enrico Buemi, Capogruppo Psi in commissione Giustizia al senato, a margine della seduta in cui procede l'esame degli emendamenti presentati al Ddl Cirinnà sulle unioni civili. "E' evidente che la parificazione delle unioni civili al matrimonio, non in termini morali ma nei riflessi sulla finanza pubblica che ne deriverebbero, anche per le eventuali strumentalizzazioni per finalità puramente economiche, rappresenta un problema che deve essere valutato - ha commentato Buemi - ma ciò non toglie che l'Italia, senza una legge seria sulle unioni omosessuali, rimane fuori dal contesto dei paesi civili in materia di diritti individuali e di coppia", ha aggiunto il senatore socialista. "Inoltre, rende difficile il confronto l'ostruzionismo diffuso su tutti i punti significativi di una normativa che, comunque, contiene una complessità per le interazioni con altri istituti giuridici fondamentali per i cittadini", ha concluso Buemi. 
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