Responsabile

 

Enrico Buemi

 

 

Attualità       Politica       Economia       Esteri       Interviste       Diritti       Cultura       Foto       Contatti       Link

Appendino si rintana sotto le toghe

L'idea di convocare tavoli con la Procura e sottoporre preventivamente ai magistrati atti e decisioni rivela carenza di cultura amministrativa. Buemi: "I giudici non sono consulenti". Mittone: "Una furbata impraticabile"

Che sia “un modo per cercare di coprirsi le spalle sotto la toga dei magistrati” come lo descrive Enrico Buemi, senatore socialista, o “una furbata” come la liquida l’avvocato Alberto Mittone, uno dei principi del Foro torinese, l’idea partorita dalla giunta comunale grillina di dar vita a un tavolo congiunto con la Procura della Repubblica per un parere preventivo su come riformare e modificare il servizio di gestione dei cimiteri (e magari applicare analoga procedura su altre materie) pare destinata a morire sul nascere. Una scivolata sul terreno sempre piuttosto sdrucciolevole per i pentastellati della conoscenza dei sistemi che, piaccia o no, ad oggi regolano la separazione dei poteri, così come i ruoli di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica e chi la giustizia? Inoltre, è davvero paradossale che da una parte, con il deputato Ivan Della Valle si accusi la magistratura di interferire nella vita politica (a proposito della censura di una consigliera solidale con i condannati No Tav), dall’altra si chieda una tutela preventica su atti e decisioni in capo a Palazzo civico.

L’impressione che si ricava dall’annuncio fatto ieri l’altro dall’assessore Marco Giusta è, tra le tante possibili, anche questa. Banalizzando, ma non troppo, se si seguisse il proposito manifestato dagli amministratori del M5s che governano Torino, dietro ogni atto, ogni decisione che un sindaco di un grande come di un piccolo Comune (ma anche un altro ente) è chiamato a prendere ci potrebbe essere un magistrato della Procura interpellato: dottore lei che dice? Va bene questo bando fatto così, oppure rischiamo che domani lei ci mandi la polizia giudiziaria e ci iscriva tutti nel registro degli indagati?

 

“Dalla magistratura si va per denunciare eventuali notizie di reato e non per chiedere consigli su come amministrare” dice Buemi, membro della commissione giustizia di Montecitorio. “Trovo allucinante – aggiunge – che la Città di Torino si rivolga alla magistratura per chiedere come comportarsi”. Il quadro “allucinante” che il parlamentare torinese prefigura nel caso remoto l’idea prendesse corpo è quello che vedrebbe “Procure intasate, impegnate solo più a dare supporto a chi deve, invece, trovarlo innanzitutto nella propria preparazione e conoscenza, cosa che mi pare manchi a Roma come a Torino. E poi ci sono altri mezzi, altri soggetti cui chiedere lumi, senza lasciar pensare che invece si voglia in qualche modo intrappolare la magistratura in decisioni amministrative sulle quali deve poter essere libera, qualora occorra, di indagare”.

Buemi ammette una carenza di controlli preventivi e per questo già oggi presenterà una proposta di legge in materia che prevede l’istituzione di un organo di vigilanza sugli atti degli enti locali nell’ambito delle prefetture Un tempo esistevano i Co.Re.Co.), ma boccia senza indugi la sortita dei grillini a Palazzo di Città: “Quello del consulente non è il ruolo della magistratura – osserva –. Per quello ci sono i ministeri, gli uffici legali delle Regioni, ma di certo non la magistratura. Che cosa succederebbe, se dovesse poi indagare sulle eventuali conseguenze di quei consigli? Occorre preservare la cultura amministrativa e politica del nostro Paese: chi ha l’onore e l’onere di governare se ne assuma le responsabilità”.

Proprio sulla responsabilità (e sul suo eventuale scarico sulle spalle di chi in ipotesi potrebbe richiamarla in un’aula di tribunale) si gioca la non facile partita tra politica e giustizia che potrebbe avere come primo terreno proprio Torino. Scettico circa l’eventualità che il tavolo, così come annunciato dall’amministrazione di Chiara Appendino, possa vedere sedersi qualche magistrato della Procura si mostra pure l’avvocato Mittone. Una prestigiosa carriera che lo ha visto indossare la toga nei più importanti processi, il penalista torinese non boccia a priori o, “perlomeno in linea teorica”, l’idea: “Sarebbe un modo per evitare agli amministratori pubblici di incorrere in errori, giacché si esclude che chi voglia commettere un illecito chieda lumi a un magistrato, e si eviterebbero pure molte indagini e processi. Ma la realtà è un’altra: questa via non è percorribile. Innanzitutto perché porrebbe il magistrato-consulente nella posizione di non poter eventualmente indagare su quegli atti e porrebbe a dir poco in imbarazzo altri magistrati se decidessero di farlo”.

Il nodo, per Mittone sta anche e soprattutto in uno dei cardini delle norme che regolano la giustizia in Italia, ovvero l’azione penale obbligatoria: “Se viene presentata una denuncia in merito a una decisione assunta da un amministratore pubblico, la magistratura deve agire. E come potrebbe farlo, in piena autonomia, dopo l’avallo dato da uno dei suoi componenti?”. È pur vero che, come osserva il legale, “questa è l’epoca delle inchieste sui conti pubblici, sui reati che toccano il denaro della collettività. Molti anni addietro, negli anni Settanta per esempio, era stato il periodo dei reati contro il denaro dei singoli: furti, rapina, estorsioni. Poi venne la stagione del terrorismo, quindi quello della corruzione. Le grandi inchieste pare vadano a epoche – osserva Mittone – e quella attuale pone, ovviamente degli interrogativi, delle questioni. Si cercano soluzioni, ma non sempre queste sono percorribili”.

Autore con il collega Fulvio Gianaria del saggio Culture alla sbarra, Mittone conferma come un sistema di consultazione preventiva tra organi amministrativi e magistratura inquirente “non esiste in nessun Paese al mondo, neppure in quelli dove i procuratori vengono eletti e l’azione penale obbligatoria non è prevista”. Insomma, una “buona idea in linea meramente teorica” quella dei grillini, in realtà “solo una furbata”. Con scarse o nulle possibilità di riuscita. “Conoscendo e stimando il dottor Armando Spataro – dice Buemi – sono certo che non aderirà a una richiesta simile. Se a Torino, come a Roma chi amministra la città non possiede gli strumenti li cerchi. Ma non nelle Procure, il cui compito non è quello di fare da consulente a chi ha difficoltà a svolgere il proprio ruolo. Per governare non basta ripetere onestà, onestà e poi cercare di coprirsi le spalle sotto la toga dei magistrati”.

Articolo di Stefano Rizzi pubblicato su LoSpiffero il 21 dicembre 2016

   Condividi su facebook

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sandro Pertini

L'idea di socialismo 

Loris Fortuna 

Pietro Nenni

Le foto presenti ne “La Questione Sociale” sono prese da internet, quindi valutate di pubblico dominio.

Se il soggetto o gli autori dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione, basta segnalarlo alla redazione, alla mail laquestionesociale@tiscali.it. Si provvederà alla rimozione delle immagini.

 

2013 La Questione Sociale  Webmaster & Design by Francesco Alati